La Stagione di cui vi vogliamo parlare è la Primavera e proporvi alcuni suggerimenti che aiutano ad adattarci alla sua energia

Proponiamo alcune riflessioni tratte da uno dei libri adottati dalla Scuola di Meditazione dal titolo “Curarsi secondo stagione – adattare il nostro organismo al ritmo del tempo e al clima “ di Benelli Berera – Edizioni Urra

Introduzione (pagg XIII – XIV)

[…]Per la Medicina Cinese “adattarsi alle stagioni” è il primo imperativo per vivere con successo la prevenzione. […] Chi ha veramente a cuore la sua salute ed è abituato a vivere il cambiamento stagionale solo cambiando d’abito, deve diventare consapevole del fatto che risentiamo dei cicli cosmici e dell’alternarsi delle stagioni sin nel più profondo del nostro essere.

Con l’aiuto delle due medicine la nostra e quella cinese […] diventeremo consapevoli di come il clima possa influire sul nostro umore, sul sonno e sulle esigenze fisiche del nostro corpo.

Ogni momento ha la sua “energia” ignorarlo significa contravvenire all’ordine naturale, ai ritmi intrinseci della vita.

[…] Adottare uno stile di vita corretto in ogni stagione, permette non solo di non soffrire dei “mali di stagione”, ma anche di prepararsi ad affrontare bene la stagione successiva

Cap. 5 (pagg. 123-125 ;133-135; 137-138)

Vivere in salute in primavera

Secondo la tradizione cinese la Primavera appartiene al movimento legno. che esprime, tramite l’immaginazione dell’albero, la crescita ascendente dello yang che fa germogliare e sviluppare la pianta.

In natura cominciano a rendersi evidenti i primi segni della nuova vita, dopo la pausa invernale.

I germogli buttano, gli animali escono dalle tane, la crisalide si trasforma in farfalla.[…]

La medicina Cinese associa la primavera al fegato, perché la sua energia è simile al vento che spira in questa stagione: ama lo slancio, ama salire , ama distendersi e soffre se viene compressa.

[…] Al fegato è correlata la vescica biliare, per il ruolo comune che investono nella digestione[…] ma anche perché insieme, svolgono un’importante funzione mentale: rendono l’uomo capace di progettare, di giudicare e di decidere.

[…] La primavera, grazie all’energia del movimento legno stimola in noi la creatività, la fantasia il desiderio di rinnovare, la capacità di fare nuovi progetti […]

L’Energia climatica: il Vento

Il Vento in quanto simbolo dei cambiamenti che determina, è l’energia specifica del movimento Legno, associata alla primavera.

La sua prima caratteristica è la mobilità: in natura trasporta i pollini, ì semi, i profumi, i suoni per il rinnovamento della vita; anche il corpo e la mente risentono di questa attività.

Il vento penetra particolarmente nell’organismo dai “punti vento”, localizzati quasi tutti sulla nuca e nella parte superiore della schiena. Per questo è consigliabile portare una sciarpa e tenere queste zone ben protette nei giorni in cui soffia.

Come adattarsi all’energia della primavera

“I tre mesi della primavera sono chiamati zampillare e dispiegarsi

Cielo e terra insieme producono la vita e da questo I Diecimila esseri sono vivificati.

Ci si corica a notte fatta ci si alza all’alba.

Si misura il cortile a grandi passi con i capelli sciolti e il corpo in libertà,
esercitando il voler vivere: far vivere e non uccidere, donare e non sottrarre, ricompensare e non punire.

Questa è la corrispondenza con l’energia della primavera, è la vita che mantiene lo sbocciare della vita. Andare controcorrente porterebbe attacco al fegato “ (Suwen, Capitolo 2)

La primavera è il momento del risveglio, di tornare a vivere, di gustare la vita. Il desiderio di muoversi può diventare imperioso, ma occorre rispondere a questa esigenza del nostro organismo in modo equilibrato: il gatto che si stira in modo lento, flessuoso e piacevole può dare l’immagine di ciò che l’energia della primavera richiede.

[…] Sarebbe importante ricercare durante la giornata uno spazio da dedicare al movimento. […]

E’ meglio un’attività morigerata […], perché darsi a maratone se non si è allenati, porterebbe danno al fegato.

Piuttosto camminiamo molto e poniamo attenzione a come lo facciamo, alla nostra postura, a quali muscoli muoviamo, […] se siamo in asse, se la testa è allineata alle spalle e se le orecchie sono in linea con le anche.

Spesso quando camminiamo abbiamo una meta e siamo tutti tesi e protesi in avanti, siamo contratti […]

Mentre camminiamo, proviamo a far tacere la mente e a vivere e sentire il nostro corpo: i piedi che si appoggiano bene al suolo, le ginocchia che si piegano, la schiena che si allinea, le spalle ben rilassate, la testa che grazie al mento un poco abbassato, si “posa” senza tensioni sul collo.

E mentre percepiamo il piacere del corpo che si scioglie e ci risponde, la mente si libera dalle preoccupazioni, dai pensieri negativi, dall’ansia del futuro e questo breve distacco può portare a riconsiderare le cose da un altro punto di vista, forse più positivo.

Il camminare, tendendo I muscoli delle gambe, sollecita anche I meridiani di fegato e vescica biliare, che hanno il loro tragitto nella parte interna ed esterna delle gambe. […]

La Medicina Cinese ha nel suo corpus le ginnastiche energetiche come il Qi gong, il Taiji quan, il Gong fu antiche arti marziali e ora tecniche salutari.

Esercitare queste arti è fare ritorno alla natura e alla spontaneità; I movimenti fluidi e armonici devono, infatti riflettere la calma delle montagne e delle colline, il fluire incessante dei fiumi[…] Con queste ginnastiche si lavora sul corpo, ma il cuore e la mente ne traggono grande beneficio.

Vivere sereni in Primavera

Il movimento Legno, con l’analogia dell’albero, richiama un insegnamento molto importante della filosofia cinese antica: restare ancorati alle proprie radici per vincere stati d’animo negativi, avversità passioni e ritrovare la serenità […]

Senza queste radici le tempeste o il soffiare di forti venti ci sradicherebbero, facendoci perdere il nostro equilibrio e la nostra forza vitale.

Le nostre radici sono per esempio i nostri genitori e la famiglia in cui siamo cresciuti; qualsiasi rapporto che abbiamo con loro dobbiamo ridisegnarlo nel tempo e darle un nuovo valore.

Radici sono anche i luoghi in cui siamo nati e cresciuti. […]
Radici sono i rapporti importanti che abbiamo saputo costruire […]
Radici sono la cultura, le credenze del paese in cui siamo cresciuti […]
Radici sono le risorse che man mano scopriamo nel corso della vita […] che permettono il nostro stare bene, dal pregare al meditare […] è tutto ciò a cui possiamo ricorrere nei momenti difficili o di smarrimento in grado di ricrearci o di darci pace.

Essere consapevoli di ciò che ci ancora ci fa leggere i fatti […] come un continuum[…]Per questo il cammino che porta alla conoscenza di se stessi, passa anche per il riscoprire le nostre vere radici.

Fiori Cocciuti

Propongo una riflessione ulteriore tratta da un articolo dal titolo “Fiori cocciuti” pubblicato nel sito https://www.lauraimaimessina.com/

Laura Imai Messina scrittrice di numerosi romanzi e come lei si definisce un’ “appassionata della cultura sia alta che bassa del Sol Levante”, ci invita ad allenare la perseveranza uscendo dagli schemi e dalle abitudini consolidate e aiutati dall’esempio della natura ad allargarci, sfidarci e migliorarci.

Racconta Laura Imai Messina:

“Nelle peregrinazioni del sabato mattina, ho preso in mano un libro che richiama il gioco del Bingo e le passeggiate in città.
[…] cartelle piene di disegni di cose che si incontrano abitualmente per strada, nel corso di una passeggiata in una città qualunque del Giappone.

Chi lo vede per primo (un poliziotto, una cabina telefonica, […], pozzanghere, tartarughe,[…] spunta lo spazio. Vince chi le completa per primo. […]. E poi ecco numero 24, su cui finisce che mi fermo a riflettere per settimane.

ド根性花  dokonjōbana

ド根性花  dokonjōbana è il fiore della perseveranza, più letteralmente un fiore cocciuto.
Sono quelle piante che si infilano letteralmente negli interstizi delle strade, bucano l’asfalto e allungano fusti alla luce. Alcuni sbocciano persino in fiori e sotto, nel lavorio incessante delle radici, si irrobustiscono ogni giorno di più. […]

Tuttavia, ciò che soprattutto viene illustrato in questa pagina del bingo – dedicata alle “erbacce” spontanee, alle pianticelle che crescono nei luoghi più impervi e con successo – è il modo di emulare quelle creature vegetali, esercitando la propria tempra.

Sono cinque gli step intermedi contemplati dal libro. Ed ognuno dà adito a riflessioni ulteriori.
1 Individuare obiettivi vicini
Abituarsi alla spiacevolezza di qualcosa che tuttavia ci fa bene, darsi il tempo di rivisitare un’emozione completamente negativa.

Credo che per aumentare la propria capacità di stare al mondo serva affidarsi all’idea che l’abitudine sia in grado di mutare ogni cosa (non è così cattivo/brutto/spiacevole come credevo), così come è necessario comprendere come sia stata proprio un’abitudine, replicata per anni sempre uguale nei gesti o nel pensiero […] a definire i nostri gusti. […]

Dopo anni di cappuccino con una o due bustine di zucchero, in Giappone ho scoperto ad esempio quanto più buono sia non metterne affatto.

Dopo salite avventurose sugli autobus romani, in cui io stessa spingevo per farmi largo tra i passeggeri (con nessunissimo garbo, lo ammetto), adesso sono una ossessiva osservante delle file, anche quelle meno evidenti.
Ecco, il mio obiettivo allora è imparare a bere il caffè nero.

E mi pare che il mio personalissimo mondo si sia ampliato di un poco di più, che nella sottrazione di un no che un tempo mi veniva fuori spontaneo, io abbia allargato la mia capacità di fare esperienza di quanto mi circonda.

持久走 Spingersi un poco più in là

2 Tentare un passo oltre il limite. Il confine stabilito, mettere in discussione di un minuto una scadenza. Un minuto in più sulla cyclette, un centinaio di metri in più in una corsa, una pagina in più nella lettura, […]
Spingersi un poco più in là. Il là sempre diverso diventa quasi divertente, che quando si avverte del fastidio, un no non mi va interiore, ci si sbriga invece a dire sì, automaticamente. Diventa sì, e poche storie! (笑)
Ci si prende gusto a sfidarsi.

3 Fare un puzzle completamente bianco, da centinaia, migliaia di pezzi

Serve ad allenare la concentrazione, tanto che pare fosse incluso nell’addestramento degli astronauti.
Stare attenti insomma, allenare la memoria, il ricordo vicinissimo delle cose. Ce la si fa, basta appunto rimanere centrati su ogni singolo pezzo, che l’incontro ci resti nella memoria, in modo da non smarrirlo.[…]
E poi, penso, serve anche ad altro, a capire quanto deleterio si dare importanza solamente a quanto “è utile” nell’immediato.

Uno dei segreti dell’infelicità è proprio scambiare le cose importanti con quelle utili. Dare, soprattutto, la priorità alle seconde.
Credere, per esempio, che correre all’asilo e guadagnare quei dieci minuti per entrare prima in ufficio (magari finendo per sciupare quel tempo rimanendo imbottigliati nel traffico o controllando futilità al cellulare), sia più importante che camminare con lentezza con la manina del proprio figlio nella propria, mostrandogli qualche dettaglio della strada, raccontandogli una piccola storia o, semplicemente, standolo ad ascoltare.
Rispettare “il diritto alla lentezza” di un bambino, donargli un buon inizio di giornata, donarselo di riflesso. Cosa, davvero, conta di più?

4 Trascrivere il nulla, svuotarsi

Svuotarsi. Trovare un tramite, e travasare tutto il ronzio della mente su un foglio, su una tastiera di pianoforte, su una superficie che ponga un minimo di resistenza e che abbia confini da rispettare. Scrivere ad esempio la stessa cosa, ricopiarla innumerevoli volte, come una nenia, la ripetizione diventata il puro nulla. Come un suono che, ripetuto, si svuota e diventa una vibrazione soltanto.
Mi vengono in mente monaci benedettini, copisti di un tempo assolutamente contemporaneo che invece della bacchetta di Silente e del suo Pensatoio, usano una penna o un pennello, le dita.

5 La cascata d’inverno

Nell’immaginario del Sol Levante è il sedersi seminudi, meditando e pregando sotto il getto gelido di una cascata in inverno, il picco dell’addestramento. È per antonomasia la massima prova con cui sperimentare ed esercitare la propria tempra.
E tuttavia no, non serve venire fino in Giappone e neppure spogliarsi sfidando un tremendo malanno.

Credo piuttosto che ognuno sappia il proprio limite, e conosca alla perfezione l’ultimo step del proprio addestramento alla resistenza. Una volta individuato, basta metterlo in pratica.

Probabilmente non dormirò mai in un ostello, non mi imbarcherò in viaggi pieni di emozioni e scomodità, rimarrò schifiltosa, mi infastidirò se qualcuno parla vicino al cellulare o imposta una videoconferenza in un bar.

Però abbassare la propria soglia di intolleranza è una chiave certa di benessere.

E poi un’ultima riflessione che mi stimola questo “fiore della perseveranza”.
Credo sia importante domandarsi da dove vengano i semi di queste piantine, di questi fiori che spuntano ovunque e scalzano la prepotenza della nostra mano pesante sul mondo.

E allo stesso modo, ritengo utile considerare come la propria perseveranza possa essere di esempio ad altri, che per questo serva occuparsi non solo dei propri figli (se li si ha), ma anche di quelli degli altri, come diceva Melita Cavallo.

E ancora. che si deve fare come le piante,ド根性花 dokonjōbana, questi fiori cocciuti, ovvero individuare un minuscolo spazio, montare una contrattazione – con altro, o con se stessi, con il proprio umore – e piano piano procedere avanti, allargarsi, sfidarsi, migliorarsi.”