Animati dalla convinzione che i nostri tempi richiedano sobrietà, proseguiamo il nostro itinerario con la proposta di “Vivere l’Autunno in Consapevolezza“.

Ricorriamo alle suggestioni di due testi che arricchiscono il cammino della Scuola di Meditazione: Wa La Via giapponese all’Armonia di Laura Imai Messina e Curarsi secondo stagione di Emilio Minelli e Fabrizia Berera.

Danshari o della bellezza del vuoto

“In Ore d’ozio, Kenkō Hōshi (1283-1352) esortava a non caricarsi di quanto non serve: “in ogni cosa – scriveva – limitatevi a ciò che possedete.

 Buttare e liberarsi di tutto. Svuotare, scegliere con attenzione quel che si vuole che resti e lasciar andare tutte le altre cose. Ridurre i bisogni all’essenziale e intorno a quello lasciar navigare l’immaginazione.

Dei tanti significati della parola zen quello che si collega al sentimento del vuoto, che è bisogno dello spirito ed equilibrio del cosmo, è per me di maggiore impatto.

Coltivare il minimalismo e non adombrarsi di oggetti è la filosofia del danshari 断捨離.

Tre kanji, uno accanto all’altro che, come sanno fare solo gli ideogrammi, spiegano molto più di quel dicono nel suono.

C’è kotowaru 断る che è “rifiutare”, c’è suteru 捨てる ovvero “buttare, gettar via” e infine hanareru 離れる che significa “allontanarsi, prendere distanze”. […]

Ho cercato di dare un nome a questo sentimento che mi ha sopraffatta […], al ritorno dall’Italia: forte, assolutamente inedito, il bisogno di ridurre all’essenziale, di liberarmi degli orpelli, di sfrondare appendici e mirare fluida e sottile verso l’alto.

Ho capito infine che l’abbondanza, l’opulenza cui anelo è quella del tempo, della serenità e non quella delle cose. […]

Danshari è scegliere, selezionare il meglio, separarsi anche con dolore da ciò che nel quotidiano, nel
tempo che è adesso e per quelli che siamo ora, non ha più significato.
Il senso negli anni e nei mesi
si perde, come acqua filtrata da un rubinetto guasto. 

Goccia a goccia, martellante. E ci si accorge che tanto quanto le cose aumentano, il volume della nostra vita diminuisce. Le cose richiedono cura, spazio, rubano tempo anche solo a cercarle tra gli altri oggetti.

Ecco allora che finiscono nel sacco anche i soprammobili, le stoviglie che ci hanno accompagnato per anni
ma che si sono sbeccate, hanno perso la funzionalità e restano a invecchiare nel ripiano di una credenza. 

Per accettare la vita bisogna accettare anche la morte, la fine di ogni cosa. Accade per gli esseri umani,
per gli altri animali, per le piante. E accade anche agli oggetti. Sprecare non è solo usare troppo ma è anche Tenere.

Dopo il danshari, che richiede una buona dose di coraggio iniziale, si compra meno, si ricorda con orrore lo sforzo e il dispiacere di buttare, si risparmia addirittura.

Si iniziano a prediligere le cose belle. Si acquista solo ciò che piace davvero. Non si compra più tanto per comprare. E la casa, come per magia, resta sempre in ordine.

Lo si comunica con dolcezza anche agli amici, che i regalini simbolici non li si vuole più. Che basta
il pensiero, davvero, magari un mazzo di fiori, del cibo da consumare. […]

A guardare adesso il nostro piccolo appartamento in affitto penso a un vaso, che era ostruito da cose
e l’acqua al suo interno inevitabilmente sporca, poca.

Il fiore languiva. Così ero anche io, e languivo. Ora mi sento rinata.”

> Tratto da: Laura Imai Messina, Wa. La Via giapponese all’Armonia. 72 parole per capire che la felicità più
vera è quella condivisa, Antonio Vallardi editore, Milano 2018, pag 185-188.

Proseguiamo con il testo estratto dal 2° libro sopracitato, dal titolo “Curarsi secondo stagione”
di Emilio Minelli e Fabrizia Berera.

“L’arte di vivere: l’equilibrio, il distacco”

L’energia dell’autunno ci insegna a trattenere le nostre energie, risparmiando la nostra vitalità.

L’esito di questo stile di vita contenuto è calmo è una certa cautela nell’agire e nell’esprimere le proprie opinioni; è la capacità di distacco che consente serenità ed equità.

I Cinesi che avevano così chiaro che ogni fiore, ogni albero, ogni essere vivente sono soggetti a un
processo di mutazione continuo, accettavano il distacco come conseguenza logica: nulla ci appartiene,
tutto fluisce e cambia.

Se siamo distaccati, siamo disponibili ad accogliere ogni momento della vita, “a lasciar venire”.

Fare il distacco è un atteggiamento del cuore, spesso costa fatica, ma è sempre fecondo di frutti,
perché significa ogni volta capire ciò che veramente conta, che nulla ci appartiene e ci è dovuto, che
la vera gioia è il dono di ogni giorno, è la nostra vita.

Distaccarsi è riscoprire il valore della rinuncia che oggi non riusciamo a capire. Rinunciare a ciò che
non è essenziale, può costarci, ma spesso è una liberazione da tante inutili dipendenze e una conquista
di grandi libertà interiori.

Rinunciare significa esaminare con coraggio, se ciò per cui viviamo e lottiamo vale la pena, se
tutte le provviste nel nostro zaino servano davvero per il nostro viaggio o pesino inutilmente
sulle nostre spalle.

Rinunciare all’”ego-centro” è sempre difficile, perché siamo soliti proteggerlo e ci opponiamo a tutto
ciò che che minaccia la sua egemonia.

Ma forse questo è l’unico modo per non soffrire: chi perde la sua vita, sempre la ritrova, “vuotarsi è
per una pienezza, appassire per un rinnovamento (Tao Te King, Capitolo 22
)”

Come adattarsi all’energia dell’Autunno

L’Autunno segna l’arresto dell’espansione: il Cielo ha spinto l’energia al suo punto estremo e inizia il
ritorno verso l’interno, con un azione di concentrazione e di restringimento; la terra ultima la maturazione
dei frutti: Poi non vi è più nulla da aspettarsi.

Dopo i momenti di spogliazione e morte ci sarà il rinnovamento primaverile.
L’Autunno è la stagione correlata al movimento Metallo che con le sue caratteristiche di durezza e rigidità richiama il cambiamento dell’energia: dall’espansione dello yang, si deve raccogliere e smorzarsi per
entrare nello yin.

E’ un’ azione dura, “repressiva” di introiezione, per portare in salvo la vita che dovrà rifiorire.

L’uomo deve compensare queste caratteristiche dell’energia con la tranquillità: raccoglie il suo spirito
e accumula i suoi soffi, senza profondere le sue energie all’esterno.

Per lui è giunto il tempo di raccogliersi e di ritornare a sé, come al crepuscolo, quando, sereno,
può riposarsi dal lavoro della giornata. Si corica presto e si alza presto per raccogliere i frutti di
ciò che ha seminato.

Per conformarsi all’energia dell’autunno i ritmi delle nostre giornate devono essere calmi e tranquilli, amministrando con cautela la ricchezza energetica, frutto del riposo estivo.

La rigidità dell’autunno deve accompagnarsi alla serenità, che permette di tenere lo spirito raccolto e
fa sì che i polmoni eseguano con munificenza il loro ruolo di Ministri dell’energia e dell’autunno.

Poiché è meglio preferire un’attività fisica moderata, l’ideale è camminare a contatto con la natura.

In autunno la natura profonde tantissimi profumi, che possono sviluppare il nostro senso olfattivo e
tonificare l’energia dei Polmoni.

Raccogliendo castagne o cercando funghi, passeggiando nei frutteti respiriamo a pieni polmoni e
inaliamo l’odore del sottobosco, dell’humus, del muschio, della terra umida sotto la pioggia , dei
frutti maturi, dell’uva , delle mele, delle mele cotogne.

Facciamone una grande scorta per l’inverno, perché poi il naso sarà meno sollecitato.”

> Tratto da: Emilio Minelli – Fabrizia Berera, Curarsi secondo Stagione. Adattare il nostro organismo
ai ritmi del tempo e del clima, di Edizioni Urra- Feltrinelli, Milano 2013. Pag 51-73 passim.

Il nostro percorso di “Vivere l’autunno in consapevolezza” continuerà nei prossimi articoli con
l’intento di aiutarvi a vivere al meglio questa stagione.

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